Un’iscrizione vascolare da Rofalco con formula onomastica completa
Le iscrizioni vascolari rinvenute nel sito tardo-etrusco di Rofalco sono tutte apposte su oggetti di uso quotidiano, finora mai sulla ceramica fine. Tutte le forme vascolari iscritte provengono dalla zona abitativa dell’insediamento, cioè nella zona sud-occidentale.
- L’onomastica etrusca
La gran parte delle iscrizioni etrusche che possediamo è costituita da formule onomastiche che designano il possessore di un oggetto, il titolare di una tomba, ecc. L’onomastica è cambiata nel corso dei secoli, per cui abbiamo un sistema onomastico arcaico ed uno recente.
Durante il VII sec. a. C. nasce, probabilmente, la formula bimembre, costituita, cioè dal nome individuale seguito dal nome di famiglia. Più indietro nel tempo, secondo lo storico Varrone, esistevano solo nomi semplici, quindi non si usavano né praenomen né cognomen. A riprova di ciò Varrone riporta che Romolo, Remo e Faustolo avevano solo il nome, senza prenome e cognome. La formula onomastica bimembre si sarebbe diffusa a seguito del sinecismo con la comunità sabina, presso la quale era già in uso. Si presume che anche per gli Etruschi ad un certo punto sia avvenuto il passaggio dalla formula unimembre a quella bimembre.
In particolare, il passaggio potrebbe essere avvenuto al passaggio dalla prima metà alla seconda metà del VII secolo. Così il gentilizio o nomen diviene un elemento fisso della formula onomastica. Serviva ad indicare gli appartenenti ad uno stesso aggregato famigliare. In Etruria, come a Roma, le famiglie erano i nuclei fondamentali della società. Si nota che nel corso del VI e V sec. a. C., i gentilizi si formano prevalentemente sulla base di nomi maschili, segno evidente della discendenza secondo la linea paterna. Solitamente i gentilizi terminano con il suffisso in -na o in –ie.
Alla fine del VI sec. a. C. possiamo distinguere anche altri elementi aggiunti alla formula onomastica bimembre. Un terzo elemento è il cognome che, in origine, è un soprannome che caratterizza un individuo per proprie qualità fisiche o morali (Barbatus, Pulcher, Ruber, ecc.). Inoltre, accanto alla formula bimembre appare anche la designazione del patronimico, espressa con il nome individuale del padre in forma possessiva.
Il sistema onomastico recente (IV-I sec. a. C.) diviene assai più complesso poiché i dati anagrafici nelle iscrizioni funerarie aumentano. I nomi individuali maschili e femminili, o prenomi, diminuiscono o vengono abbreviati. Più importante la funzione dei gentilizi. L’acquisizione di determinati diritti civili fa sì che alcuni personaggi di origine servile, originariamente indicati con il solo nome individuale, assumano dei nomi gentilizi, per esempio aggiungendo al proprio prenome il prenome del patrono.
In questa fase, accanto al prenome e al gentilizio, diviene particolarmente diffuso il patronimico, spesso espresso con il morfema possessivo e “clan” (figlio), oppure aggingendo la forma aggettivale -sa.
In questa fase il cognomen, che continua a designare le caratteristiche peculiari dell’individuo, è più diffuso in Etruria settentrionale. Altri elementi possono essere il metronimico, cioè l’indicazione del gentilizio materno, e, nelle formule onomastiche femminili, il gamonimico, cioè la designazione del gentilizio del marito, seguito, a volte, dall’appellativo “puia” (moglie).
Quindi in età ellenistica il nome etrusco di una persona con status di libero è costruito nella forma completa da quattro o cinque elementi:
prenome, gentilizio (nome di famiglia, talvolta derivante dal nome del padre, ma possono anche fare riferimento all’etnia), cognome (frequente, ma non necessario), paternità o filiazione (di solito il prenome del padre al genitivo), maternità (o metronimico, dato dal genitivo del gentilizio materno).
- L’iscrizione da Rofalco
In totale, si contano otto iscrizioni, ma quella sull’orlo di un dolio d’impasto è l’unica che riproduce una formula onomastica completa. Si tratta di un dolio in impasto rosso bruno. Presenta un’iscrizione sinistrorsa (da destra verso sinistra) incisa prima della cottura sulla superficie superiore dell’orlo del vaso. La grafia non è molto curata, probabilmente per il ridotto spazio a disposizione, ma è stato riconosciuto il tipo grafico capitale (tipo IB di Maggiani), diffuso tra il IV e il III sec. a. C.

Di seguito l’iscrzione:
cae : rathmsnas . afu : acil . hecce :
Si riconoscono un prenome ed un gentilizio al possessivo, seguiti da un terzo elemento onomastico, probabilmente un cognome. La formula conclusiva “acile hecce” significa, probabilmente “ha messo in opera”, “l’opera ha fatto”.
Cae, originariamente un prenome, assume, almeno dalla metà del IV sec. a . C., la funzione di “Vornamengentile” (1). La distribuzione del gentilizio è attestata nell’entroterra tarquiniese, a Orte, Vulci, e più a settentrione, a Chiusi, Perugia, Arezzo e loro territori. Nell’area volsiniese, in età recente, è frequente la ricorrenza del prenome, come verosimilmente in questo caso.
Il gentilizio ratumsna e soprattutto rathumsna, vanta una serie di attestazioni di epoca recente nei territori volsiniese e chiusino. Più in particolare il termine compare su due cippi “volsiniesi” da Castel Cellesi e Acquapendente, come pure a Chiusi. Infine nella tomba “a T” della necropoli di Poggio Pesce a Bolsena proviene un frammento di coperchio di sarcofago con iscrizione frammentaria “rath[…], chiaramente identificabile con il gentilizio rathumsnas.
Per la terza parola si possono avanzare diverse ipotesi in relazione ai segni visibili e alle occorrenze finora documentale. La lettura afu, con funzione di cognome, è forse da preferire e trova riscontro con una tegola iscritta del Museo di Chiusi. Il termine acu come gentilizio occorre in età recente soprattutto in Etruria settentrionale (Chiusi, Perugia, Volterra, Fiesole), mentre in funzione di patronimico, metronimico o gamonimico è attestato nelle forme acui, acuias, acusa. Ultima ipotesi di lettura è il cognome alu (per es. da Chiusi e dal Talamonaccio).
La forma verbale hecce è attualmente testimoniata solo in un altro caso, nell’iscrizione dalla tomba dell’Orco. La forma base del verbo, hece, compare in associazione con il più comune acil, nell’Ipogeo dei Volumni e, nella versione arcaica hecece, nella tomba dei Tori.

Bibliografia:
O. Cerasuolo, L. Pulcinelli, “Ager Volcentanus: Rofalco (Farnese)“, in Rivista di Epigrafia Etrusca, “Studi Etruschi”, 74, 2008 (2011), pp. 296-306 (nn. 57-64)
(1) I liberti avevano la possibiità di scegliersi un nuovo nome e crearsi, al posto della formula onomastica monomia, che contrassegnava gli schiavi e alcuni stranieri, una binomia, cioè costituita da due elementi, prenome e Vornamengentile, che sanciva di fronte alla comunità l’acquisizione di un nuovo status e di una nuova dignità. (S. Marchesini, “Prosopographia etrusca”, Studia . Gentium mobilitas . II . 1, Roma 2007, p. 9.)