Sorgenti della Nova

Il modello insediamentale, l’organizzazione sociale e territoriale, l’economia.

L’abitato dell’età del bronzo di Sorgenti della Nova occupava pressochè completamente la rupe di tufo e pomice limitata dai corsi della Varlenza e della Porcareccia. Non è chiaro il suo limite verso est, dove il promontorio si lega al sistema collinare retrostante, in corrispondenza del fossato.

Ipotesi ricostruttiva del settore III (disegno di Ercole Negroni)

Tuttavia, mentre materiali protostorici sono stati raccolti a più riprese immediatamente a ovest di questo, non ne sono mai stati individuati al di là di esso, tanto da permettere di ipotizzare che il suo primo impianto possa essere stato realizzato già nell’età del bronzo. All’interno dell’insediamento le abitazioni si distribuivano, oltre che sulla limitata area sommitale pianeggiante della rupe, sui suoi fianchi, dove i terrazzamenti naturali presenti erano stati ampliati e adattati per ospitare le abitazioni. Al momento sono stati identificati quattro diversi tipi di strutture abitative: capanne a base infossata, di limitata estensione, concentrate nella parte sud-occidentale della sommità della rupe, grandi abitazioni a pianta ellittica e grotte artificiali, estese su tutti i fianchi, e lunghe abitazioni monumentali “a fossato” disposte ai piedi della rupe stessa.

Già da questa prima sommaria descrizione, risulta evidente come Sorgenti della Nova si ponga come una fase intermedia tra il “villaggio” delle comunità protostoriche e la “città” nel significato più comune del termine; al modello di città si avvicina per il perimetro ben definito costituito da pareti naturali di roccia e per lo sviluppo demografico. Inoltre l’organizzazione interna degli spazi mostra moduli abitativi ricorrenti, con presenza di strutture finalizzate a pratiche religiose comuni, che presuppone l’esistenza di un organismo centrale preposto alla vita collettiva (dall’organizzazione del lavoro all’approvvigionamento degli alimenti, all’osservanza dei rituali religiosi e funerari.

Strutture abitative del Settore IX

Gli elementi che lo accomunano al villaggio sono invece le abitazioni costruite con materiali deperibili o scavate nella roccia, come negli insediamenti rupestri.

Non è facile ricostruire la cultura e la struttura sociale delle comunità che vissero nell’Etruria meridionale durante il periodo del Bronzo Finale, manca infatti un modello già conosciuto cui far riferimento e di conseguenza i dati in nostro possesso, per quanto numerosi, rimangono di difficile lettura e faticosamente collegabili tra loro.

A cominciare dalla metà del secondo millennio a.C. nell’Etruria meridionale si assiste alla progressiva scomparsa dei piccoli insediamenti sparsi, fino a quel momento molto diffusi, in favore di una nuova organizzazione territoriale, e quindi di una diversa struttura sociale, che vede l’affermarsi di alcuni grandi centri monumentali fittamente popolati, circondati da villaggi che da loro dipendono ma che contemporaneamente ne permettono la sopravvivenza, in una sorta di dipendenza reciproca. I centri maggiori sono situati in zone naturalmente difese, su rupi dalle pareti scoscese che fungono da mura naturali (ma compaiono anche opere di fortificazione realizzate dall’uomo): tutto sta a indicare che la sicurezza è un problema. Poiché non si hanno tracce di invasioni di popoli esterni, sembra probabile l’ipotesi dell’esistenza di lotte interne di un centro contro l’altro, di coalizioni, guerre e spedizioni che legavano in alleanze diverse le varie comunità tra loro; anche le razzie di bestiame e di oggetti preziosi e forse anche di uomini dovevano essere relativamente frequenti.

Tra i centri maggiori possiamo inserire Sorgenti della Nova, ma anche Crostoletto di Lamone, l’Elceto sui monti della Tolfa, Poggio Buco o Bisenzio.

Dei villaggi minori invece non conosciamo la struttura, ma la loro presenza è attestata da affioramenti di materiali ceramici di limitate dimensioni sparsi nel territorio e, indirettamente, dal rinvenimento di necropoli composte da poche tombe.

Si configura quindi un’organizzazione territoriale che ha i suoi capisaldi in centri egemoni che dominano su aree anche vaste, presumibilmente confinanti tra loro; è possibile presupporre che i contatti con genti del Mediterraneo orientale abbiano influenzato i gruppi gentilizi formatisi nel XII secolo nell’Etruria meridionale, dando origine ad una organizzazione socio-economica la cui struttura non a caso ricorda da vicino quella della Grecia post-micenea.

Appare plausibile, a causa della necessità di un potere centrale per la gestione degli abitati più importanti, l’esistenza di un capo che aveva il compito di organizzare la vita dell’abitato in tutti i campi: dalla manutenzione dell’insediamento stesso, all’approvvigionamento dei viveri, alle strategie di difesa; altrove sono stati ritrovati esempi di abitazioni familiari che si suppone appartenessero ai capi di queste comunità, per cui si può ragionevolmente supporre che ciascun centro principale avesse un suo signore, il cui potere si estendeva fino ai confini del territorio dipendente dal centro stesso.

Le tombe a tumulo di Crostoletto di Lamone, non lontane da Sorgenti della Nova, testimoniano inoltre l’esistenza di un ceto gentilizio che mantiene visibile la propria identità comunicando la propria derivazione genealogica con i rituali funerari.

Al di sotto di questa élite, il resto della popolazione non appare caratterizzato o strutturato in maniera per noi evidente, anche se nella genericità dei non nobili è possibile individuare alcune categorie: i gruppi posti a diretto servizio dei signori e da essi dipendenti, servi o schiavi che coltivano le terre in uso alle famiglie gentilizie, allevano le loro mandrie e le loro greggi e forse anche impiegati nell’estrazione e nella lavorazione dei metalli.

Tra i “liberi” che vivono nei villaggi e nei centri egemoni esiste sicuramente una divisione del lavoro soprattutto in senso artigianale, ma il riscontro archeologico nelle tombe (attrezzi che caratterizzano un ceto contadino piuttosto che guerriero o altro) non appare evidente, a dimostrazione che se divisione del lavoro c’era, era funzionale alla sopravvivenza e alla manutenzione dell’abitato, non a una produzione su vasta scala o non era comunque tale da definire socialmente un individuo.

La maggior parte dei materiali risalenti a questo periodo storico permette di appurare, come già accennato, che nell’Etruria meridionale la produzione primaria e quella artigianale erano destinate al consumo interno, mentre la circolazione dei beni avveniva mediante il baratto tra i ceti meno abbienti, e il rituale del dono tra i gruppi gentilizi.

Caso particolare è il commercio dei metalli: sono stati rinvenuti ripostigli con lingotti e rottami di bronzo come riserve di materia prima il cui valore consiste nella funzione di scambio. I frammenti di oggetti rivelano una serialità che presuppone una produzione specializzata e destinata a un mercato non solo di piccolo raggio.

Ricostruzione della capanna I del settore I dell’abitato di Sorgenti della Nova
(disegno di Ercole Negroni)

Durante il Bronzo Finale, in questa zona, l’estrazione e la produzione di metalli per l’esportazione e, quindi, l’esistenza di un’economia di scambio, almeno per questo tipo di merce, sembra un dato ormai acquisito.

Tratto da N. Negroni Catacchio, M. Cardosa, “Sorgenti della Nova. Un abitato tra Protostoria e Medioevo”, CSP – Onlus, Milano 2007, pp. 34-43

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